Ascoli Piceno 15 gennaio 2006

Ho capito che ci sono ancora persone per cui vale la pena spendersi. Me lo hanno dimostrato Simone ed Ivan. Sono due fratelli, nella vita fanno i restauratori di mobili antichi e sono due folli. Lavorano sodo tutta la settimana ed hanno come unica ricompensa il sonno del sabato e della domenica mattina. Non solo mi hanno dato l’opportunità di fare qualche soldo facendomi dei lavoretti o aiutandoli ma si sono offerti di accompagnarmi all’aeroporto di Roma, svegliandosi alle 6,30……mai e poi ami avrebbero fatto una levataccia del genere. I saluti dalla moglie sono stati duri, non abbiamo parlato molto, diciamo che il tutto si è svolto soprattutto con delle occhiate, sguardi e l’abbraccio finale non lo dimenticherò. Non sono uno che piange ma ci sono andato vicino. Le bimbe erano ancora assonnate, mi hanno dato un bacio e le solite raccomandazioni Per strada ci fermiamo a fare colazione e troviamo alcuni amici cacciatori. Alla notizia che stavo andando a Roma per prendere l’aereo mi ha fatto riflettere la commozione negli occhi di Giancarlo, caro amico. Si viaggia chiacchierando di quello che potrà essere il viaggio, delle raccomandazioni: profilattici, non bere troppo, stai attento a quello che fumi…..insomma si capisce che tipo di amici sono. Si arriva all’aeroporto di Fiumicino e culo dei culi troviamo anche parcheggio . Gia da come sono entrato incominciava ad aleggiare intorno a me una certa area fantozziana, anzi no direi più da Totò e Peppino alla stazione di Milano nel film “Totò Peppino e la malafemmena”. Si vedeva che non era il mio ambiente naturale. Certo non era la prima volta che viaggiavo o che prendevo l’aereo ma non so ero come spaesato. Seguendo i consigli di qualche amico del forum ho impacchettato lo zaino con la pellicola pensando così di evitare che le varie stringhe potessero impigliarsi da qualche parte su i vari nastri che dovevano percorrere. Cazzarola 12 euro per impacchettare uno zaino, per poi accorgersi al momento del check-in che per bagagli come gli zaini hanno una specie di barchetta che serve proprio a non permettere a borse, zaini o altro bagaglio che presenta varie stringhe pendenti, di impigliarsi in qualche posto. Fatto. Il check-in è fatto, ho chiesto di essere messo nella fila con due poltrone e in modo particolare su quella del corridoio, cosi posso sia allungare un po le gambe che alzarmi quando voglio senza rompere le scatole a chi mi è seduto vicino. Simone ed Ivan mi salutano, ripartono subito così riescono a tornare a casa per pranzo e…a farsi una pennichella pomeridiana. Strano ma abbiamo tutti e tre gli occhi lucidi. Ci diciamo poco durante il saluto, si capisce lo stato d’animo in cui siamo. Ok sono solo. Mamma ho paura…eheheh. Cerco una porta, cancello, un orifizio dove poter entrare per andare al mitico ed ormai per me vitale TERMINAL 22. Prima cazzata: mi metto a fare la fila, ed ancora oggi non mi spiego il perché, dietro ad un fiume di persone. Fatto sta che dopo 35 minuti arrivo alla testa della fila e mi dicono che quella è l’ingresso per le persone che devono dichiarare qualche cosa alla dogana…cazzo allora io dove entro se non ho nulla da dichiarare? Proseguo la mia ricerca e finalmente trovo l’ingresso per i terminal internazionali. Solito passaggio sotto il metal-detector. Come al solito mi suona qualche cosa, avevo versato tutto il contenuto delle tasche nel cestino ma mi suona lo stesso….azz la cintura. Ok me la tolgo e zip…calano i pantaloni, li riprendo per un pelo. Sono al mitico TERMINAL 22, mi arrivano sms da parte tantissimi amici, mia madre e dalle mie donne. Azz se ho nostalgia di loro gia dopo neanche 4 ore alla fine dell’avventura che sarà mai? Mi guardo un po attorno. Italiani pochi, molti asiatici, cma è naturale, la tratta è Roma – Hong Kong certo non posso trovarci degli Inuit. Tra trenini su monorotaia, un tratto su tapirulan arrivo all’imbarco dell’aereo. Le signorine a bordo sono carine e molto gentili. L’aereo è grande, pulito, mi da una buona impressione. Ci sono due file laterali da due poltrone ed una fila centrale da 4 poltrone. La prima classe….mbè lasciamo perdere dove ci sono 6 poltrone nella economi ce ne sono 24, ho detto tutto. Vedo che vengono sistemate due culle e subito dopo arrivano due mamme con altrettanti neonati, saranno il mio incubo per tutto il viaggio. Pare che si fossero accordati, come smetteva di piangere uno attaccava l’altro e questo per circa 5 ore di viaggio. Anche se non capisco il filippino, l’inglese, o altre lingue che si parlavano sull’aereo ho capito bene che c’era qualche persona che li avrebbe messi un paio di secondi con la faccina sopra al fornello del gas…spento naturalmente. Le prime due ore le passo a guardarmi in giro. Cerco di scorgere qualche faccia amica ma niente. Il mio vicino è un filippino che parla poco italiano quindi sotto con cuffie e musica. Mi addormento ma vengo svegliato dalla signorina che mi dice di mettermi la cintura perché ci sono turbolenze. Ora, credo che quello di svegliarti sia un fatto involontario ma porcaccia miseria non so perché ma ogni volta che provi ad addormentarti tempo due minuti e ti trovi o una signorina, o il tuo vicino, o il bambino che piange che ti svegliano…manco fosse na tortura. Fatto sta che da Ankara a quasi tutta l’India ci sono turbolenze. Come faccio a sapere che la tratta era quella?...con la cosa più micidiale che potessero inventarsi su un aereo: il televisorino che hai sullo schienale avanti a te che ti da istante per istante la posizione dell’aereo. La cosa più assurda che uno può fare è guardare costantemente figurina di aereo che piano piano si sposta….non ti passa più: 9.000 km all’arrivo…8.980 km all’arrivo…8.960 km all’arrivo…neee ve lo sconsiglio sinceramente. Mi passano da mangiare di tutto, ma soprattutto senza che io sapessi cosa fosse perché, e lo dico per l’ultima volta, non capendo bene l’inglese, poi parlato da una cinese, quando capivo che stavano passando per chiederti cosa volevi da mangiare, cercavo di capire ma niente, allora mi buttavo sulla prima cosa di cui riuscivo a ripetere il “SUONO”: ho mangiato cose che non ho mai capito cosa fossero…ma non sono morto, anzi alcune erano molto buone. Ad un certo punto vedo che al mio vicino viene portato un bicchiere con dentro una brodaglia e le classiche bacchette per mangiare all’asiatica. Con naturale bravura il mio compagno tira fuori come da un cappello magico degli spaghetti. Porcaccia miseria. Era un po’ che la mia pancia brontolava, chiedere qualche cosa da mangiare non ne ero capace ma, o ci provavo o qua si patisce la fame. Mi faccio coraggio: “ Sorry miss can…i wont…it’s possible one of thise?” il tutto accompagnato da ampi gesti con mani e braccia. Parlando con il mio vicino mi spiegò che erano tipo spaghetti ma si chiamavano: nuble..mmm…no…nodale…..mmm..no…insomma mi ci vollero 7 tentativi per capire che erano i poi, ripeto poi, famosi nodle. Io dei pochi voli che ho fatto ho sempre sofferto l’atterraggio, non so il perché ma mi da fastidio. Come incominciamo l’avvicinamento mi imbottisco di travel-gum, diciamo che un po il loro effetto lo hanno fatto. Arriviamo ad Hong Kong, è quasi l’alba. Non so che giorno è, non chi sono, so solo che sono a pezzi ed ho lo stomaco nelle orecchie. Dei poliziotti in guanti bianchi mi indicano di percorrere un certo tragitto, non capisco perché devo passare in un metal detector ma ci passo. Arisuona! Ancora la cintura ma in questa occasione, vuoi lo stato comatoso, vuoi che i riflessi so quelli che sono, riprendo i pantaloni ad altezza ginocchia mostrando a tutti i miei boxer a pallini rossi. Cerco un bagno per darmi una lavata, credo di puzzare peggio di un maialino vietnamita. Lo trovo mi lavo e mi cambio maglia, fortunatamente avevo messo, come da consiglio del manuale di Tripuica, un cambio completo intimo e la roba per lavarmi in un piccolo zainetto che portavo con me. Cerco qualche cosa da mangiare. Alle sette di mattina mangiavano tutti cose strane, in prevalenza vedevo che andava molto i nodle. NO!!!! Mi rifiutavo di mangiare per colazione dei spaghetti al brodo. Giro un po’. Per chi non lo sapesse l’aeroporto di HK è na città. Ero quasi sfinito ma alla fine sono riuscito a trovare un chioschetto dove facevano cappuccino e vendevano dei biscotti, rivelatisi poi buonissimi, allo ginger, cioccolato ed uvetta. Mi sparo un biscotto per tipo ed un bel cappuccino. Sul cappuccino sorvoliamo mentre i biscotti erano veramente buoni. Giro ancora un po’ e vedo delle postazioni internet gratuite, c’è la fila ma da buon italiano capisco subito come fare saltarla: dicendo che uno non funzionava….e zacchete mi ci fiondo io. Controllo a quale terminal devo andare: GATE 26. Fortunatamente, diciamo per culo, ci sono vicino. Cerco di fare un po il punto della situazione. Controllo tutti i documenti che , sempre seguendo le indicazioni del TRIPMANUALE, ho messo in originale e con delle fotocopie in un portadocumenti molto capiente, i soldini ci sono, ok fino a qui ci sono arrivato, riparto per Sydney, altre 9 ore di volo, dopo le 11 gia fatte.

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