Idea del viaggio

Nella vita ci sono molte ragioni per cui una persona cerca qualche cosa. Io a 40 anni padre di due bellissime bambine e marito di Silvia da ormai 13 anni, ho deciso che dovevo fermarmi un momento, cercare di rimischiare le carte, come si ama dire, e dovevo farlo lontano, lontano dagli affetti, dalle cose che mi piacciono e da tutto ciò che poteva condizionarmi. Lontano anche dalla voglia di ritornare. Il 2005 rappresentava un anno particolare, erano successe un po di cose che mi avevano frastornato. Da pazzo furioso quale ero, mi ritrovavo ad essere diventato un po troppo taciturno e riflessivo. Certo molti di quelli che partono per un viaggio hanno mille motivi tra i più seri al più banale che potrebbe sembrare il solo voler viaggiare. Io volevo una pausa….tutta mia, una bella botta di egoismo. Intorno a me tutto era contro. Gli amici che non capivano sta cosa, la moglie che aveva mille paure, le bimbe che mi guardavano con occhi strani…..ma ero deciso. Il passo principale, come molti di voi sapranno è l’acquisto del biglietto, credo che sia il punto di non ritorno, rappresenta tutto, l’impegno economico, la prova tangibile della convinzione di fare il viaggio, la meta, il giorno, lo spazio ed il tempo racchiusi in una cosa semplicissima come la prenotazione di un biglietto. Altro passo fondamentale, almeno per uno nella mia situazione è il consenso della moglie sul passaporto. Ricorderò sempre la mano che tremava a mia moglie e la domanda che mi fece fuori dall’ufficio passaporti della Questura di Ascoli Piceno:” Ma torni?”. Sinceramente in quel momento non sapevo rispondere, anzi, avevo paura che il sogno diventasse realtà e che mi lasciavo prendere e non tornavo più. Quando ho prenotato il volo era il 9 di dicembre del 2005, ricordo la data ed il freddo che faceva. Da tempo giravo sul forum di Tripluca, chiedevo informazioni, dettagli, consigli. Trovai qualche amico che mi consigliò la Chatay Pacific: cazzarola a 1000 euro andata e ritorno da Sydney. Giorno di partenza il 15 gennaio 2006 alle ore 12,30 da Fiumicino. Era fatta. Ora bisognava organizzare il tutto. Primo problema il lavoro. In modo moooolto sottotraccia incominciai a chiedere cosa fare per avere l’aspettativa. Prese le dovute informazioni dovevo organizzarmi per i colleghi. Lavoro in una centrale controllo di una multinazionale farmaceutica….quella della pillola blu per i maschietti che hanno problemi con l’alzabandiera. Mai nessuno poteva assentarsi per un lungo periodo ed io volevo andare via per quasi due mesi….assurdo. Con stupore trovai piena collaborazione partendo dai miei superiori, forse perché sapevano che non avrei mai chiesto una cosa del genere se non ne avevo bisogno. Solo ad alcuni colleghi, lo stretto necessario, comunicai la mia assenza, ad un numero ancora inferiore dissi le motivazioni. Quando la cosa fu ufficiale lo domande fioccarono da tutte le parti ma io me ne liberavo con un:”Tutto ok niente di serio!” Veramente ci divertimmo io ed altri due colleghi a mettere in giro delle voci. Prima di queste l’aver trovato un mobile antico di valore inestimabile e che andavo a restaurarlo a Modena (chissà perché a Modena). La più bella delle chiacchiere messe in giro, visti i tempi che combaciavano, era quella che mi vedeva come partecipante del Grande Fratello…che sarebbe iniziato il giovedì successivo alla mia partenza. Fatto stà che il giovedì sera circa 40 persone che lavoravano nella mia azienda si riunirono per vedermi entrare nella casa più famosa della tv….quando me lo hanno raccontato, via e-mail, ero in un internet point gestito da cinesi (come al solito), ricordo ancora che mi sono piegato in due dal ridere ed a momenti cado dalal sedia. Il cinese che gestiva l’internet point mi voleva cacciare fuori dal locale pensando che fossi ubriaco…sono anche arrivato ad alitargli in faccia per fargli capire che non avevo bevuto Seconda fase, la parte economica. Non volevo assolutamente incidere sulle finanze familiari quindi dovevo trovare il modo di racimolare almeno 3000 euro. Premetto che sono un buon frequentatore di ebay quindi mi venne l’idea di prendere il mio scantinato e privarlo di tutte quelle cose inutili parcheggiate al suo interno e venderle: friggitrici elettriche mai usate, servizi di cristallo, piatti, bambole, macchine fotografiche, culle, carrozzine, di tutto…..ma non bastava. Dei cari amici restauratori mi chiesero, sapendo cosa stavo per fare, se volevo lavorare da loro per alcune ore….magari…..ma anche qui non arrivavo alla cifra. Allora dovetti calare il Jolly. Avevo una Moto Guzzi V35C, rossa, una signora di 21 anni, perfetta in tutte le sue parti, la mia Giulietta, se volevo trovare i soldi avrei dovuto venderla. In quel periodo mi arrivò come per caso l’offerta di una persona. Devo confessare che sono un collezionista di figurine ed album Calciatori, soprattutto della Panini, ma anche di altre case editrici. Conoscevo ogni figurina di tutti i miei album in quanto attaccata con le mie manine. Prima con la colla, la famosa Coccoina, poi quelle adesivi. Pizzabballa, Alberatosi, Mondiali Messico 70, l’album 74-75 il primo anno dell’Ascoli in serie A e l’ultimo album della Panini con la figurina che riprendeva interamente il calciatore….l’odore della carta…i colori, tutto ricordavo. Dovevo decidere tra la moto o la raccolta di album, azz, voi che avreste fatto?...10 secondi per pensarci!!! Ho venduto la collezione. Il motivo è che la moto non l’avrei trovata più in quelle condizioni, gli album, avendo un po di culo, forse li avrei potuti ritrovare ed acquistare da qualche collezionista. Fatto sta che racimolai un 3000 euro…facendo i conti dovevano bastarmi. Seguendo i consigli dei vari Giò, Triplica, Oztupac, Carmine….insomma un po di tutti, mi organizzai nelle piccole cose. Zaino, fortuna volle che avevo gia uno zaino da 50 litri con cerniera anteriore. Assistenza medica: andai alla mia Asl e compilai il modello, chi si ricorda che modello fosse, per avere l’assistenza sanitaria in Australia. Guardaroba. Qui ci furono dei problemi. Ci sono varie correnti di pensiero su quello che devi portarti dietro….io presi un po da una ed un po dall’altra….ma poi durante il viaggio mi accorsi che ti ci devi trovare per capire cosa realmente ti serve: poco e forse niente. Ho messo nello zaino cose che hanno visto la luce solamente di Ascoli, mai cacciate e mai messe….una camicia a maniche lunghe, come mi sarà venuto in mente a portarmela…misteri della vita. Per ridurre il volume ed il peso comprai un doccia-intimo-capelli grassi-mossi-rigenerante-idratante-tagliaunghie e scopri che era buono anche per friggere la pasta. Una minuscola bomboletta di schiuma da barba e via dicendo. La mia dottoressa, la carissima Diana, mi realizzo una piccola farmacia: dal medicinale per bloccare la cacarella all’antibiotico ad ampio spettro per finire al cortisone….non mi fece mancare niente…ma una bella grattata di palle fu necessaria. Fase tre: informazioni-piantine-guide. Incominciai a comprare guide, piantine, a studiare percorsi con un ipotetico calendario ma la cosa che mi preoccupava maggiormente era la lingua. Avevo sentito dire che in Australia si parlava un inglese particolare ma a me la cosa non mi toccava. Perché?...perchè io l’inglese non lo parlo. Sono a livello scolastico ed ho capito poi che il nostro livello scolastico significa non capire una mazza di quello che dicono. Io ero al livello:” Where is the boock?....the boock is on the table”. Ma a parte il parlarlo…chi cazzarola lo sapeva scrivere…come potrete constatare di seguito. Fatto sta che ti compro vari corsi accelerati di inglese, vocabolari, libri di frasi comuni…insomma come si suol dire un full immersion. Fase 4 : tutte le piccole cose. Per piccole cose intendo macchinetta digitale, lettore mp3, occhiali, cappello, e stronzate varie. Partiamo dalla macchinetta. Ne avevo trovata uan su ebay, bella mi dicevano che era come nuova. C’era chi mi sconsigliava dicendomi che con altri 50 euro ne compravo una nuova, ma io niente. La compro mi arriva, foto …foto …foto…due giorni prima di partire la macchinetta pluffete….MORTA!!! Corri subito a comprarne n’altra….così alla fine doppia spesa. Per quanto riguarda il lettore mp3 lo avevo gia, il dilemma è stato scegliere le canzoni da mettere dentro. E’ un 512 mb ed ha una capienza di circa 100 canzoni. Pensavo che cento canzoni erano tante e che sicuramente non l’avrei riempito, fatto sta che ho cambiato 5 volte la lista delle canzoni non sapendo mai quali escludere, viaggiavo sempre tra un po di tutto o mettere alcuni generi ben precisi, alla fine ho optato per mettere un po di tutto quindi ho spaziato da Guccini, Bacharach, Morricone, Pink Floyd, U2, Venditti, AC-DC, The Who….insomma un po di tutto…e devo dire che ci sono musiche che resteranno impresse nella mia mente per i i momenti ed i lughi a cui hanno fatto da colonna sonora (mamma mia che smielataggine che ho scritto) Passa Natale, Capodanno….la data si avvicinava. Io avevo in corpo una sensazione che era un misto di euforia e di paura. L’eurforia era certamente dovuta la viaggio. LA paura era rappresentata da una decisione presa, voluta e che mi portava da solo a vivere situazioni che mai avrei pensato….ma siii chi se ne frega. Arriva il 15 gennaio….ed inizia il mio diario del

Ascoli Piceno 15 gennaio 2006

Ho capito che ci sono ancora persone per cui vale la pena spendersi. Me lo hanno dimostrato Simone ed Ivan. Sono due fratelli, nella vita fanno i restauratori di mobili antichi e sono due folli. Lavorano sodo tutta la settimana ed hanno come unica ricompensa il sonno del sabato e della domenica mattina. Non solo mi hanno dato l’opportunità di fare qualche soldo facendomi dei lavoretti o aiutandoli ma si sono offerti di accompagnarmi all’aeroporto di Roma, svegliandosi alle 6,30……mai e poi ami avrebbero fatto una levataccia del genere. I saluti dalla moglie sono stati duri, non abbiamo parlato molto, diciamo che il tutto si è svolto soprattutto con delle occhiate, sguardi e l’abbraccio finale non lo dimenticherò. Non sono uno che piange ma ci sono andato vicino. Le bimbe erano ancora assonnate, mi hanno dato un bacio e le solite raccomandazioni Per strada ci fermiamo a fare colazione e troviamo alcuni amici cacciatori. Alla notizia che stavo andando a Roma per prendere l’aereo mi ha fatto riflettere la commozione negli occhi di Giancarlo, caro amico. Si viaggia chiacchierando di quello che potrà essere il viaggio, delle raccomandazioni: profilattici, non bere troppo, stai attento a quello che fumi…..insomma si capisce che tipo di amici sono. Si arriva all’aeroporto di Fiumicino e culo dei culi troviamo anche parcheggio . Gia da come sono entrato incominciava ad aleggiare intorno a me una certa area fantozziana, anzi no direi più da Totò e Peppino alla stazione di Milano nel film “Totò Peppino e la malafemmena”. Si vedeva che non era il mio ambiente naturale. Certo non era la prima volta che viaggiavo o che prendevo l’aereo ma non so ero come spaesato. Seguendo i consigli di qualche amico del forum ho impacchettato lo zaino con la pellicola pensando così di evitare che le varie stringhe potessero impigliarsi da qualche parte su i vari nastri che dovevano percorrere. Cazzarola 12 euro per impacchettare uno zaino, per poi accorgersi al momento del check-in che per bagagli come gli zaini hanno una specie di barchetta che serve proprio a non permettere a borse, zaini o altro bagaglio che presenta varie stringhe pendenti, di impigliarsi in qualche posto. Fatto. Il check-in è fatto, ho chiesto di essere messo nella fila con due poltrone e in modo particolare su quella del corridoio, cosi posso sia allungare un po le gambe che alzarmi quando voglio senza rompere le scatole a chi mi è seduto vicino. Simone ed Ivan mi salutano, ripartono subito così riescono a tornare a casa per pranzo e…a farsi una pennichella pomeridiana. Strano ma abbiamo tutti e tre gli occhi lucidi. Ci diciamo poco durante il saluto, si capisce lo stato d’animo in cui siamo. Ok sono solo. Mamma ho paura…eheheh. Cerco una porta, cancello, un orifizio dove poter entrare per andare al mitico ed ormai per me vitale TERMINAL 22. Prima cazzata: mi metto a fare la fila, ed ancora oggi non mi spiego il perché, dietro ad un fiume di persone. Fatto sta che dopo 35 minuti arrivo alla testa della fila e mi dicono che quella è l’ingresso per le persone che devono dichiarare qualche cosa alla dogana…cazzo allora io dove entro se non ho nulla da dichiarare? Proseguo la mia ricerca e finalmente trovo l’ingresso per i terminal internazionali. Solito passaggio sotto il metal-detector. Come al solito mi suona qualche cosa, avevo versato tutto il contenuto delle tasche nel cestino ma mi suona lo stesso….azz la cintura. Ok me la tolgo e zip…calano i pantaloni, li riprendo per un pelo. Sono al mitico TERMINAL 22, mi arrivano sms da parte tantissimi amici, mia madre e dalle mie donne. Azz se ho nostalgia di loro gia dopo neanche 4 ore alla fine dell’avventura che sarà mai? Mi guardo un po attorno. Italiani pochi, molti asiatici, cma è naturale, la tratta è Roma – Hong Kong certo non posso trovarci degli Inuit. Tra trenini su monorotaia, un tratto su tapirulan arrivo all’imbarco dell’aereo. Le signorine a bordo sono carine e molto gentili. L’aereo è grande, pulito, mi da una buona impressione. Ci sono due file laterali da due poltrone ed una fila centrale da 4 poltrone. La prima classe….mbè lasciamo perdere dove ci sono 6 poltrone nella economi ce ne sono 24, ho detto tutto. Vedo che vengono sistemate due culle e subito dopo arrivano due mamme con altrettanti neonati, saranno il mio incubo per tutto il viaggio. Pare che si fossero accordati, come smetteva di piangere uno attaccava l’altro e questo per circa 5 ore di viaggio. Anche se non capisco il filippino, l’inglese, o altre lingue che si parlavano sull’aereo ho capito bene che c’era qualche persona che li avrebbe messi un paio di secondi con la faccina sopra al fornello del gas…spento naturalmente. Le prime due ore le passo a guardarmi in giro. Cerco di scorgere qualche faccia amica ma niente. Il mio vicino è un filippino che parla poco italiano quindi sotto con cuffie e musica. Mi addormento ma vengo svegliato dalla signorina che mi dice di mettermi la cintura perché ci sono turbolenze. Ora, credo che quello di svegliarti sia un fatto involontario ma porcaccia miseria non so perché ma ogni volta che provi ad addormentarti tempo due minuti e ti trovi o una signorina, o il tuo vicino, o il bambino che piange che ti svegliano…manco fosse na tortura. Fatto sta che da Ankara a quasi tutta l’India ci sono turbolenze. Come faccio a sapere che la tratta era quella?...con la cosa più micidiale che potessero inventarsi su un aereo: il televisorino che hai sullo schienale avanti a te che ti da istante per istante la posizione dell’aereo. La cosa più assurda che uno può fare è guardare costantemente figurina di aereo che piano piano si sposta….non ti passa più: 9.000 km all’arrivo…8.980 km all’arrivo…8.960 km all’arrivo…neee ve lo sconsiglio sinceramente. Mi passano da mangiare di tutto, ma soprattutto senza che io sapessi cosa fosse perché, e lo dico per l’ultima volta, non capendo bene l’inglese, poi parlato da una cinese, quando capivo che stavano passando per chiederti cosa volevi da mangiare, cercavo di capire ma niente, allora mi buttavo sulla prima cosa di cui riuscivo a ripetere il “SUONO”: ho mangiato cose che non ho mai capito cosa fossero…ma non sono morto, anzi alcune erano molto buone. Ad un certo punto vedo che al mio vicino viene portato un bicchiere con dentro una brodaglia e le classiche bacchette per mangiare all’asiatica. Con naturale bravura il mio compagno tira fuori come da un cappello magico degli spaghetti. Porcaccia miseria. Era un po’ che la mia pancia brontolava, chiedere qualche cosa da mangiare non ne ero capace ma, o ci provavo o qua si patisce la fame. Mi faccio coraggio: “ Sorry miss can…i wont…it’s possible one of thise?” il tutto accompagnato da ampi gesti con mani e braccia. Parlando con il mio vicino mi spiegò che erano tipo spaghetti ma si chiamavano: nuble..mmm…no…nodale…..mmm..no…insomma mi ci vollero 7 tentativi per capire che erano i poi, ripeto poi, famosi nodle. Io dei pochi voli che ho fatto ho sempre sofferto l’atterraggio, non so il perché ma mi da fastidio. Come incominciamo l’avvicinamento mi imbottisco di travel-gum, diciamo che un po il loro effetto lo hanno fatto. Arriviamo ad Hong Kong, è quasi l’alba. Non so che giorno è, non chi sono, so solo che sono a pezzi ed ho lo stomaco nelle orecchie. Dei poliziotti in guanti bianchi mi indicano di percorrere un certo tragitto, non capisco perché devo passare in un metal detector ma ci passo. Arisuona! Ancora la cintura ma in questa occasione, vuoi lo stato comatoso, vuoi che i riflessi so quelli che sono, riprendo i pantaloni ad altezza ginocchia mostrando a tutti i miei boxer a pallini rossi. Cerco un bagno per darmi una lavata, credo di puzzare peggio di un maialino vietnamita. Lo trovo mi lavo e mi cambio maglia, fortunatamente avevo messo, come da consiglio del manuale di Tripuica, un cambio completo intimo e la roba per lavarmi in un piccolo zainetto che portavo con me. Cerco qualche cosa da mangiare. Alle sette di mattina mangiavano tutti cose strane, in prevalenza vedevo che andava molto i nodle. NO!!!! Mi rifiutavo di mangiare per colazione dei spaghetti al brodo. Giro un po’. Per chi non lo sapesse l’aeroporto di HK è na città. Ero quasi sfinito ma alla fine sono riuscito a trovare un chioschetto dove facevano cappuccino e vendevano dei biscotti, rivelatisi poi buonissimi, allo ginger, cioccolato ed uvetta. Mi sparo un biscotto per tipo ed un bel cappuccino. Sul cappuccino sorvoliamo mentre i biscotti erano veramente buoni. Giro ancora un po’ e vedo delle postazioni internet gratuite, c’è la fila ma da buon italiano capisco subito come fare saltarla: dicendo che uno non funzionava….e zacchete mi ci fiondo io. Controllo a quale terminal devo andare: GATE 26. Fortunatamente, diciamo per culo, ci sono vicino. Cerco di fare un po il punto della situazione. Controllo tutti i documenti che , sempre seguendo le indicazioni del TRIPMANUALE, ho messo in originale e con delle fotocopie in un portadocumenti molto capiente, i soldini ci sono, ok fino a qui ci sono arrivato, riparto per Sydney, altre 9 ore di volo, dopo le 11 gia fatte.

Sydney 16 gennaio 2006

Arrivo a Sydney. E’ sera. Gia da 1 ora prima che atterrassimo sul video ci fanno passare un filmato di quel famoso personaggio che gioca con gli animali pericolosi, si vede spesso sulla LA7, gioca gioca alla fine ci ha lasciato le penne, cmq dice di non portare alimenti o materiale in pellame a terra e se hai qualche cosa da dichiarare fallo altrimenti puoi essere soggetto a sanzioni pesanti. Atterriamo piove. cazzo ma devo venire a Sydney per prendere la pioggia, cmq la vedo solo dai vetri. Alla fine della passerella c’è un bidone enorme pieno di cose da mangiare che la gente butta per non correre rischi ai controlli. Io per non sapere ne leggere e ne scrivere ho compilato il foglio che ti danno a bordo dichiarando delle medicine…hai visto mai? Mentre attendi di passare la dogana ci sono delle persone in divisa che con dei cani e gli fanno annusare i bagagli passando tra chi arriva dai vari gates,. Tocca a me. La paura di non capire una mazza c’è ma mi sono preparato un discorsetto, si ma se mi dice qualche cosa e non la capisco?….male che vada prendo il vocabolario. Arrivo allo sportello, faccio vedere la carta. Chiamano una signora che mi accompagna ad un tavolo appartato e mi dice di mostrargli le medicine che ho con me. Le controlla tute, gentilmente me le ripone nella busta che le conteneva, mi dice grazie e mi lascia andare. Esco nel salone dell’aeroporto, ci sono una marea di famiglie con palloncini e festoni che aspettano i loro cari…cazzarola mi fa sentire solo sta cosa, vedere che molti hanno qualcuno che li aspetta ed io lì spaesato fino al midollo. Arrivo alle porte scorrevoli e come si aprono…..un pugno in faccia mi avrebbe fatto meno male. Sono partito da Roma con massimo 7 gradi, indossavo ancora i jeans e la polo a maniche lunghe, quando si sono aperte le porte ho incominciato a sudare immediatamente: 27 gradi ed una umidità incredibile. OK lo sapevo che era estate ma…non me lo aspettavo. Non so che giorno è, sul biglietto aereo c’era scritto che sarei arrivato il 17 ma sull’aereo continuavano a dire che era il 16…sarà!!?? Come un disperato cerco di capire come organizzarmi per andare a King Cross, è la zona dove si trova il mio ostello. Prima di partire avevo fatto una ricerca su internet per vedere un ostello conveniente e che fosse nella zona centrale di Sydney anche per facilitarmi gli spostamenti, ne avevo trovati alcuni, avevo chiesto qui sul forum, mi ero indirizzato verso il Globe anche se Giò non ne aveva avuto una buona impressione vedendolo da fuori. OK mi sono detto uno vale l’altro. Ero fermo alla stazione degli autobus fuori dall’aeroporto e chiedevo ad ogni autista che passava se quello era l’autobus che poteva portarmi in zona King Cros. Qui ho capito per la prima volta che il mio inglese scolastico non serviva ad una mazza. Un paio non li ho capiti, un pò mi hanno detto che non era il bus giusto alla fine uno mi ha fatto capire che c’erano dei bus navetta privati che si trovavano alla fermata 9. Ci vado, sotto la pioggia e trovo altri ragazzi con zaino e soprattutto con quello che secondo è l’elemento caratterizzante dei backpackers….le infradito. Arriva un tipetto basso grassoccio gli dico che devo andare a KC al Globe, non so cosa mi ha risposto ma ho capito solo :”Yes 10 dollars”. Saliamo in 10 su quel pulmino, il tizio guida in modo anarchico ma l’ora tarda lo permette. Arriviamo a KC……il mio incubo si fa realtà!!! Pensate ad un poro cristo che viaggia da ormai 24 ore, sudato da morire, stanco, affamato e puzzolente, scende sotto la pioggia , anzi diciamo abbandonato sotto la pioggia, manco un cane viene lasciato così, si trova di colpo in una strada di una città dove non conosce nessuno, parla pochissimo la lingua ma soprattutto la strada è piena di puttane, tossici, ubriachi e locali a luci rosse….l’unica cosa che mi è venuta in mente è stata:”NDO CAZZO SO CAPITATOOOOOO, VOGLIO TORNARE A CASA!!!!”. Questo stato confusionale dura circa un paio di minuti, come un imbecille mi giro a guardare tutto quello che mi circonda cercando di farmene una ragione e soprattutto di riordinare le idee e soprattutto le forze. Il Globe è proprio dall’altra parte della strada dove mi ha lasciato l’omino. Ha un cancello giallo anonimo, come molti altri della strada, messo tra una pizzeria ed un venditore di non ricordo più cosa. La porta è chiusa. Come chiusa?...e adesso? Fortunatamente esce un ragazzo e mi apre il cancello. Fatte le scale trovo una seconda porta a vetri chiusa. Gia la cosa incomincia a stufarmi. Sento l’odore che arriva dalle stanze. Lo ricordo perfettamente, un misto di puzza di piedi e un mix di bevande alcoliche, diciamo che spaziava dal vino alla birra per finire a qualche cosa di veramente alcolico. Un ragazzo mi vede e mi apre, gli chiedo subito dove sta la reception e lui mi dice che è chiusa….come chiusa? Ma qua è chiuso tutto? Mi aggiunge un discorso di circa 5 minuti di cui non capisco nulla, alla fine io gli dico che avevo prenotato. Non so come e quando mi dice che avrebbe chiamato una ragazza. Mentre aspetto vedo che l’ostello è frequentato da ragazzi molto giovani, dediti a bere, quasi tutti con una bottiglia di birra o vino in mano, ed ascoltano musica tecno a palla…la cosa mi preoccupa per la notte. Arriva la ragazza che mi dice che sarei dovuto arrivare il giorno dopo. Ma insomma che giorno è? Alla fine mi dice di stare tranquillo che mi avrebbe sistemato. Mi da le lenzuola e la federa e mi accompagna in camera. Accende la luce, c’è gente che dorme e che non so quanti colpi mi avranno mandato. Mi fa vedere il letto. La camera. Dalle mie parti si dice:” sulla scottatura l’acqua calda”, mi spiego, non bastava l’incubo avuto per strada, mi ci voleva anche questa?....la puzza era indescrivibile, mucchi di panni negli angoli…un giorno credo di averli visti muovere quei panni, la finestra dava sulla strada, che culo, come unica fonte di sollievo al caldo c’era un ventilatore a piantana che faceva un casino indescrivibile. Nella stanza c’era un lavandino e degli armadietti che avevano rifiutato anche i baraccati del terremoto in Irpinia per quanto erano messi male. Cmq quello era e quello mi prendevo. Non vedevo l’ora di farmi una doccia, non sistemo nulla, faccio il letto prendo il telo da bagno, tutto ciò che mi occorre e vado al bagno. Altro trauma. A parte la serratura che non chiudeva ma la vasca dove avrei dovuto fare la doccia aveva uno strato di nero dovuto a non so cosa, per non parlare della collezione di peli pubici che contornava il tutto. Niente puzzerò ma la doccia nun me la faccio. Vado a dormire. Crollo. Mi sveglio molto presto. Mi faccio coraggio affronto la vasca e provo a lavarmi, ci riesco. Riprendo consapevolezza di chi sono e dove mi trovo. Grazie ad un intervento divino riesco a parlare con casa. I telefoni sono una cosa strana in Australia. Esistono un numero immenso di carte telefoniche prepagate, con la possibilità di acquistare traffico telefonico, insomma, se vuoi telefonare all’estero ce ne sono di modi, e puoi acquistarli ovunque, si ma poi al dunque?...so cavoli! Un povero ragazzo di un negozio è stato 20 minuti a spiegarmi come funziona. Prima immetti il codice della carta, poi del pin, poi della città dove chiami, poi della nazione dove vuoi chiamare e senza mettere lo 0 il prefisso della città seguito dal numero. Piccola cosa da sottolineare è che per molte carte devi mettere 50 centesimi di dollaro prima di chiamare, se la chiamata cade o fallisce ti si fottono i 50 centesimi…alla fine per una telefonata in alcuni casi ho speso anche 3 dollari. Cmq chiamo casa e mi meraviglio della qualità della telefonata, tutti mi dicono che si sente come se fossi dietro l’angolo. E’ bello sentire la voce delle mie donne. Sono appena le sette del mattino, voglio fare colazione. Trovo un panificio che fa anche cappuccini e caffè. Prendo il classico takeaway con tre paninetti ottimi con l’uvetta ed il ginger. Mi scotto immediatamente con il cappuccino, è ad una temperatura impossibile. Porcaccia miseria incomincia a piovere. Ma dico è possibile che devo venire a Sydney a comprare l’ombrello? Mi avvio a piedi verso il centro, seguendo un percorso che mi sono segnato sulla piantina che mi hanno dato in ostello. Passo per dei giardini. Qui invece di avere i piccioni hanno una specie di tacchini che razzolano nei giardinetti. Arrivo al Queen Victoria Building. Centro commerciale realizzato in un palazzo vittoriano appunto dedicato alla regina Vittoria che lo inaugurò. Nel seminterrato ci sono tantissimi chioschi di ristoranti tipici di varie nazioni: tay, turca, greca, giapponese, coreana, indiana….tutte tranne italiana. Vedo due ragazze asiatiche mangiare alle 9 di mattina una cosa che sembra riso con frittata condita da spinaci o una verdura che sembrava tale. Ho i piedi zuppi dopo aver girato un po tutto il centro e tenendo come punto di riferimento la torre mi allontanavo sempre più. Opera House, il ponte, incomincio a vedere un po tutto. Sono le prime ore del pomeriggio torno in ostello i miei piedi galleggiano. Dormo un po, mi ci voleva. MI sveglio e mi rifaccio una doccia. Qui succede una cosa che resterà, come tante altre, nella mia mente per sempre. Io non sapevo cosa significasse mix room, ma manco me lo avevano detto che la mia era una mix room. Le MIX ROOM sono stanze in cui ci sono uomini e donne. Io mi stavo tranquillamente asciugando, nudo, dopo la doccia, sento aprire e chiudere la porta, pensando che fosse uno degli ospiti (maschi) non mi sono curato più di tanto di coprirmi. Ad un certo punto mi sento battere sulla schiena mi giro era una ragazza. Io mi copro immediatamente. Lei si voleva presentare, era la ragazza che occupava il letto dall’altra parte della stanza. Il fatto è che mi voleva dare la mano…io per non essere cafone con una mi son coperto le parti intime…con l’altra ho risposto al saluto. Esco per la cena., di cucinare in ostello nun se ne parla, la cucina è un luogo da evitare se si tiene alla salute. Esco mando sms, mail e telefono. Molta gente mi è vicina in questo momento, mi fa piacere. Mi faccio una birra in un pub e vado a letto. Leggo ascolto musica e dormo.

Sydney 18 gennaio 2006

Incomincio a riprendere confidenza con le date. Avevo completamente perso la cognizione del tempo. Si parte per un giro della città e cosa vuoi vedere per prima cosa a Sydney?....Bondy Beach. Ho capito che se mi capitasse l’occasione vorrei vivere a Bondy. Bellissima!!! Tutto il quartiere scende verso questa baia che ha una spiaggia attrezzatissima: pista ciclabile, pista pedonale, giardini pubblici curatissimi, rampe per skate, insomma quasi perfetta. Certo oggi piove, ancora, e non c’è gente, sarebbe da vederla quando c’è casino, mi hanno detto che non c’è un metro quadro di spiaggia libera. Mi faccio una camminata e vedo tantissima gente correre, fare ginnastica e mi chiedo:” ma chi cazzo lavora in questa città?”. Scopro un livido enorme sul polpaccio destro. Non mi fa male e soprattutto non ricordo di aver sbattuto da nessuna parte…..passerà?!?!?! Questo si aggiunge alla caviglia che mi fa male. Scendendo dal letto a castello della stanza e volendo fare il ginnico, ho messo male il piede e…mi fa male, ho chiesto una consulenza transoceanica via sms alla mia dottoressa, l’amica Diana, mi ha detto di prendere due aspirine e di non rompere le scatole perché se si è in Australia a divertirsi si può sopportare un leggero dolore alla caviglia. Accuso il colpo e mi sto zitto. Devo segnalare due cose: 1) l’attrezzo più cazzuto che abbia mai visto. Praticamente è un bastone di plastica che serve a raccogliere e lanciare la palla al cane. 2) Le giapponesine abbronzate…..sono una favola, gli diventa la pelle col oro, una cosa veramente unica. Provo ad andare a Watson’s bay, Oztupac-Paolino me ne ha decantato le lodi in tutte le lingue ed in tutte le salse. Prendo il traghetto a Circular Quay, il tempo fa schifo, non riesco neanche a godermi il panorama dal traghetto. Arrivo a Watson’s bay e viene giù il finimondo, uno scroscio d’acqua incredibile, metto un piede a terra e risalgo subito sul traghetto per tornare in città, ci riproverò n’altro giorno. Devo dire che Sydney a livello di mezzi pubblici è ben fornita e ben pensata. La metro serve quasi tutti i punti della città ma soprattutto della periferia. Si incontra in due nodi principali e strategici con gli altri mezzi di trasporto ovvero: con i treni alla stazione centrale e con i traghetti a Circular Quay, questo facilita nettamente gli spostamenti anche se poi questi punti nevralgici sono spesso sovraffollati. Il resto della giornata scorre come un normalissimo turista, mangio, giro per la città non potendone godere molto visto il tempo che è pessimo, pennichella pomeridiana con ricerca serale del solito posto dove mangiare. La sera riesco anche a fare il diario prima di addormentarmi.

Sydney 19 gennaio 2006

Come al solito mi alzo prestissimo. Porcaccia miseria non riesco a dormire oltre le 6 del mattino. Cmq mi va anche bene perché i bagni sono liberi e posso fare tutto con comodo. Finalmente pare che non piove. Doccia, mi vesto ed esco. Vado al Coles, catena di supermercati, compro delle nettarine buonissime ed altre piccole cosette che mi occorrono. Vado alla stazione della metro e con molte difficoltà cerco di chiedere all’ufficio informazioni quale sia l’abbonamento più conveniente per girare con i mezzi tutto il giorno. L’omone , era almeno 2 metri, mi spiega con calma che se voglio prendere proprio tutti i mezzi (bus, metro e traghetti) comprese le zone di periferia, mi conviene fare il DAY TRIPPER al costo di 11 AU$. Perfetto. Prendo il mio bel DAY TRIPPER e mi avvio verso RICHMOND cittadina ad 1 ora di metro da Sydney. Non so cosa troverò ma vado a vedere cosa significa periferia di Sydney. Nel treno ripenso ad una cosa simpatica. Nell’atterraggio a Sydney la gente ha applaudito. Mi sono chiesto ma che significa applaudire il pilota?....E’ come dire :”Ci sei riuscito, grazie di non averci fatto schiantare sulla prima montagna”. Sinceramente non riesco a capirla sta cosa, io al massimo, sempre se riesco a vincere un po’ la tensione che mi fa irrigidire come un merluzzo congelato, dicevo, se ci riesco mi tocco le palle o faccio tutti gli scongiuri del mondo, questi applaudono. Da non credere. Ok il mio viaggio continua su un treno che attraversa cittadine più o meno grandi, piano piano vedo che le abitazioni si fanno sempre più rade e il paesaggio incominci ad essere unicamente composto da boschi di eucalipti e qualche casa qua e là. Molti campi da golf, pubblici o privati ma ne vedo molti. Poi succede un fatto che ricorderò per tutta la vita per le gran risate che mi ha fatto fare. Come sono salito sul treno ho notato il classico australiano camicia bianca e cravatta che dormiva in una posizione strana su due sedili. Al momento non gli ho dato più di tanta importanza, se ne vedono molti che approfittano del tragitto in treno per farsi la pennichella. Stavamo per arrivare alla stazione di Paramatta quando il tizio, svegliato dall’altoparlante che annunciava appunto la stazione di Paramatta si accorge che è la sua fermata, si alza di scatto ma le gambe non gli rispondono, sicuramente anchilosate per la strana posizione che aveva assunto per dormire. Come si alza crolla. Io ho pensato che fosse ubriaco. Tenta di rialzarsi due, tre volte ma niente crollava a terra ogni volta. Ad un certo punto prende le due borse che aveva con se e le getta in avanti e lui incomincia a trascinarsi. Come molti di quelli che hanno preso la metro a Sydney sapranno ci sono i vagoni a due piani. Noi eravamo a quello inferiore e quindi questo tizio doveva fare almeno 4 gradini per arrivare al pianerottolo che era in linea con il marciapiede della stazione. Fatto sta che come metteva la gamba sul gradino l’altra gli cedeva e viceversa. Per farla breve si è letteralmente trascinato con il passo del marin. Ma la scena più bella è stata vedere dal finestrino volare fuori dal treno prima una borsa, poi l’altra ed in fine l’uomo che si è letteralmente aggrappato ad un palo per poter uscire dal treno. Alla fine si è tirato su con tutta la gente che gli chiedeva cosa avesse e lui a spiegargli che erano le gambe che si erano anchilosate. Fatto sta che tutto il vagone a continuato a ridere per almeno 20 minuti ricordando la scena e vedendo gente che salendo i gradini mimava l’accaduto.
RICHMOND. Così come finiscono i binari della metro a RICHMOND credo che realmente finisce Sydney. Tolto il campo di criket, il palazzo comunale, la stazione dei vigili del fuoco, il centro commerciale, la scuola, in poche parole lo stretto necessario, il resto sono 10 case. Mi hanno spiegato che il paese si estende in un raggio di 30 chilometri, quindi deduco che le case sono sparpagliate in quel raggio. Qui vedo veramente la gente di periferia, o meglio i veri australiani. Donne che con i bigodini in testa vanno a fare la spesa ( una donna italiana se la farebbe tagliare la testa piuttosto che uscire con i bigodini). Donne con la vestaglia o il pigiama sotto al soprabito…insomma cose che vedevo nei film ma che ora vedevo con i miei occhi. Incomincio a vedere gente un po’ più scottata in faccia ma soprattutto un po’ più robusta, meno atletica di quella che gira per la grande città. A Richmond ho mangiato dei panini con dei semi grigi ( non so assolutamente di cosa si trattasse) molto buoni. Torno a Sydney, anche perché il giro sarà durato 25 minuti in tutto, con l’intenzione, tempo permettendo, di visitare Manly….niente piove tantissimo, giro un po in metro, e il centro di Sydney, anche oggi la giornata va a puttane per il tempo.

Sydney 20 gennaio 2006

Pensate alla scena. Dopo 3 giorni di pioggia finalmente sole. Sono sulla prua del traghetto che mi sta portando a Manly. Sole caldissimo in piena faccia, FOO FIGHTER in cuffia…effetto purga mentale, mi sento molto bene, era da tempo che speravo in certe sensazioni. MANLY è bellissima, quasi meglio di Bondy. Anche qui una marea di gente che corre, pattina e fa surf. Mi faccio una bella camminata lungo la pista pedonale, mi avvio verso Tree Bay, una baietta a sud di Manly. Mi inerpico su per un sentiero da dove si vede tutta la baia di e faccio alcune foto….mi giro e sul parapetto vedo a prendere il sole un serpentello di una metrata scarsa tutto verde che mi guarda e schifato se ne va. Io, preso dal virus del turista, cerco affannosamente la macchina fotografica, solo dopo realizzo che forse il serpentello tanto innocuo non era e che avevo rischiato grosso. Scendo dal sentiero con molta attenzione. Devo dire che è la prima volta che saggio il sole australiano. Dall’Italia mi sono portato una crema protettiva fattore 18, a casa non mi fa abbronzare e qui pensavo che un minimo di protezione me l’avrebbe data….mai pensiero fu così sbagliato, la sera, per aver camminato 2 ore sotto al sole, ero rosso come …da noi si dice “cella de cà” (rosso come l’organo riproduttivo di un quadrupede che abbaia). Cmq , a Manly mi fermo sui gradoni che costeggiano la spiaggia a guardare i surfisti e le persone che fanno surf con il corpo. E’ bellissimo guardarli, riescono ad usare il corpo con se fosse una tavola da surf e fanno parecchi metri cavalcando le onde. Ho fame, mi sparo del pesce e patatine fritte e mi faccio un giro per il quartiere. Tutti surfisti, dalle case non vedi altro che tavole da surf, teli da bagno e mute tutto ad asciugarsi al sole. Sul lungomare c’è chi affitta bici, tavole da surf, pattini in linea o cmq tutto quello che puo servire per divertirsi in un posto come quello. Fatto pranzo mi riavvio verso Sydney. A Circolar Quay incontro una coppia di ragazzi di Pescara, marito e moglie, erano 4 giorni che non parlavo in italiano con qualche persona dal vivo. Andiamo a Watson’s Bay e devo dire che Oztupac-Paoletto aveva ragione, è molto carina e tranquilla. Anche qui assaggiamo il pesce e le patatine fritte del chioschetto vicino al pontile dove attracca il traghetto (anche questo consigliato da Oztupac). Passiamo un po di tempo a fare foto ed a chiacchierare. Si fa sera e ci avviamo verso Sydney, l’indomani parto per le Blue Mountain e sinceramente non vedo l’ora di lasciare il Globe. La sera dopo aver cenato in uno squallidissimo Mc Donalds provo per la prima volta la birra al ginger. Oddio schifo non fa ma non ci riesco a berla. Torno in camera e trovo una sorpresa: dei nuovi ospiti. Una famiglia di tedeschi, lui lei ed un bambino di tre anni. Viaggiano in bici, e che bici. Sono tutti pezzi di varie biciclette assemblate tra loro. Posso dirlo perché hanno portato in camera le bici per paura che le rubassero. Si pagano il viaggio vendendo le foto che fanno lungo il tragitto ad alcune riviste specializzate, in più lavorano saltuariamente nelle farm. Il bambino è fenomenale, si adatta alla vita degli ostelli con una facilità incredibile. La moglie è quella che organizza, il marito gestisce. Riesco a parlare nel mio inglese con loro. Penso che non è semplice scegliere una vita come quella, soprattutto con un figlio piccolo, non so se sono egoisti o coraggiosi ma da un certo punto di vista li ammiro, godono di quello che gli piace fare. Mi metto a letto spero di svegliarmi presto per partire verso la nuova meta.

Sydney 21 gennaio 2006

Notte da inferno. Non so se è il fine settimana o per quale altro motivo ma in strada c’è stato più casino del solito, inoltre, non ho capito bene se nel nostro ostello o quello vicino, c’era un party o qualche cosa del genere, il risultato è che c’è stata musica a palla , musica tecno, fino alle 5. Dormo per 1 ora credo, mi alzo con le palle girate che se le mettevo in una tazza con delle uova veniva fuori uno zabaglione con i fiocchi….e qualche pelo. Oltre alle palle girate ho anche una gran voglia di lasciare quel posto. Faccio il check out e vado alla Central. Il giorno prima ero passato per la stazione centrale a chiedere informazioni sul treno per Katoomba, la località più interessante delle Blue Mountain. Avevo chiesto orario del treno e costo. Un signore di origini asiatiche con un inglese perfetto mi ha spiegato il tutto: partenza alle 11.00 e costo 11 dollari per andata e ritorno….tutto 11, me li devo segnare sti numeri che poi quando torno in Italia me li gioco. Arrivo alla stazione, aspetto un po e poi salgo sul treno, 4 carrozze, strano solo 4 carrozze per una località turistica così famosa?...capirò il motivo poco tempo dopo. A bordo aria condizionata e tantissimi backpackers. Si parte. Giornata bellissima, un sole caldo e limpido, penso tra me e me: “Ma oggi che vado via da Sydney c’è il sole?”. IL primo tratto di ferrovia percorre tutta la valle vicino Sydney ad un certo punto in lontananza vedo un altopiano che sale ripido, leggendo la guida capisco che incominciano le Blue Mountain, mi ricordo un po’ la Valla del Tronto, casa mia, dove venendo dal mare percorri una bellissima valle stretta tra due file di colline ed alla fine vedi il colle di San Marco che ti si staglia dritto avanti a chi arriva in città. Mi domando, visto che il treno puntava dritto verso l’altopiano:” Forse dovremo prendere una teleferica”. Invece sto cavolo di treno incomincia ad inerpicarsi su per la montagna facendo curve e controcurve e lì ho capito perché era composto solo da 4 carrozze: se fossero state di più non sarebbe riuscito a salire. Il paesaggio è bello, anche se ogni tanto si vedono i resti di grandi incendi spettacolo che purtroppo incontrerò per tutto il viaggio. Nel mio vagone ci sono delle belle signorine, ignoro la nazionalità ma sono sicuramente straniere visti i voluminosi zaini. Due ore di viaggio e siamo arrivati a Katoomba. Sceso dal treno immediatamente mi accorgo del caldo, molto caldo ma si sopporta, penso subito al fatto che se con quel caldo fossi stato a Sydney sarei moroto. Seconda cosa sento l’aria, pulita, senza umidità, sicuramente diversa da quella di Sydney. Chiedo indicazioni per l’ostello, da quello che ho capito lo trovo percorrendo il violone che parte dalla stazione ferroviaria. Percorro 300 metri e lo trovo. Facciata liberty, mi piace ma aspetto di vedere come è dentro per dare un giudizio, non mi ci fregano più. Entro. Bellissimo. La reception è semplice e ricordo il sorriso con cui mi hanno accolto. Non si sente quell’odore di piedi +vino+birra caratteristico del globe. La donna alla reception è gentilissima, cerca di spiegarmi il tutto con calma. Entro in camera: pulita, ampia e con tutti i confort, manco a dirlo niente a che vedere con quella del globe. Chiedo immediatamente se è una mix-room, non vorrei ritrovarmi nelle situazioni imbarazzanti del globe o almeno vorrei saperlo e mi ci preparo… non è una mix room. Sono solo in camera, mi faccio una doccia ed esco a vedere le tre sorelle, attrazione principale di Katoomba. Non mi rendo conto di che ore siano ma il sole picchia e fa molto caldo. Arrivo al loock-out delle three-sisters. Sono tre faraglioni che si lanciano in un panorama mozzafiato, devo dire che anche il terrazzo attrezzato per godersi il panorama è perfetto allo scopo. Incontro un mucchio di turisti, chiedo a due ragazzi americani di farmi una foto. Fa un caldo da morire giro un po ma torno in ostello, sono un bagno di sudore. Rinfrescata e a riprendere un po le forze. Non riesco a farmi la solita pennichella e quindi giro per l’ostello. Ha vari stanzoni adibiti a più scopi: sala lettura con giornali e riviste, lo stanzone principale è dedicato al chiacchiericcio ed ai giochi, ci sono tanti divani e poltrone, c’è anche un palco dove credo facciano degli spettacoli. C’è una sala con tavoli e sedie che funge da refettorio, tutte: Tutte le stanze sono con parquet. C’è una splendida terrazza con tavoli per mangiare all’aperto, la terrazza da verso ovest. Sotto la terrazza c’è la sala televisione e la lavanderia e soprattutto lo splendido giardino con le sdraie per prendere il sole. Sulla destra del giardino tutto il necessario per fare il barby. Il pezzo forte è la cucina, quella del globe non sapevo manco come fosse fatta, o meglio, avevo messo un piede all’interno e poi ero scappato. Qui era tutto grande, spazioso e lindo. Mi ha colpito l’attenzione che mettevano alla raccolta differenziata. Visto quello splendore ho subito pensato a cosa avrei potuto cucinare e quindi mi preparavo per fare spesa. Fortunatamente il Coles è vicino quindi non mi ci vuole molto. Avevo fatto un giro nella cucina per vedere quali attrezzi ci fossero e soprattutto come funzionava, era la mia prima volta. La cucina dell’ostello, come tutte quelle che avrei trovato di seguito sono più o meno fornite di tutto il necessario per cucinare: padelle e pentole di ogni tipo, mestoli, cucchiai, scolapasta, piatti di ogni genere e grandezza, pirofile e via dicendo. Ci sono dei frigoriferi comuni dove puoi mettere il cibo deteriorabile, basta che poni una targhetta sopra con il tuo nome e con il numero della stanza ma soprattutto con la data del check-in, questo serve ai gestori dell’ostello per poter vedere quali cose possono essere buttate naturalmente basandosi appunto sulla data. Da un lato c’è una credenza a scomparti dove tutti mettono il cibo non deteriorabile e cosa meravigliosa ci sono vari scomparti dedicati al free-food. Il free-food sono praticamente tutte quelle pietanze o cose da mangiare che chi parte e non vuole portare con se lascia in questi scaffali e in questo modo chi vuole puo usufruirne. Io in principio mi imbarazzavo a utilizzare le cose del free-food ma quando ho incominciato a vedere che c’era gente che faceva letteralmente la spesa in quei scomparti ho incominciato a razziare letteralmente quello che mi serviva…arrivando addirittura a prendere una intera busta di pop-corn al caramello nella cucina dell’ostello di Cairns…ma questa è n’altra storia. Torno dalla spesa la cucina era piena…porcaccia miseri!! Mi metto da un lato ed aspetto che si liberi un fornello intanto su un tavolo inizio a prepararmi il soffritto: si cucina spaghetti con gamberoni, qui li chiamano prow e sono più grandi delle nostre mazzancolle, costano pochissimo. Mentre attendo guardo cosa cucinano gli altri: meglio non dirlo, cose che per me non avevano senso, verdure strane mescolate con avocado, metodi di cucinare la pasta che credo possano venire in mente solo in un incubo ad un italiano, fatto sta che si libera un fornello e parto con il soffritto….apriti cielo. Come incomincia a spandersi l’odore classico del soffritto cipolla, peperoncino, olio di oliva…..mi sono sentito circa 50 occhi puntati sulle mie spalle. Una ragazza biondissima di non so dove mi chiede se sono italiano ed io: “Certamente”. Lei stava preparando una sbobba di verdure lesse ed io mettevo a soffriggere i gamberoni…poi il pomodorino a crudo mentre mettevo nella pentola gli spaghetti, naturalmente Barilla n° 5, si in Australia trovi la Barilla in tutti i supermercati. Trovo un bel piatto grande per impiattare il tutto, sempre più persone si avvicinano. La biondina mi dice: “ Ma è la tua cena?...divina!” ed io come un fesso gli dico di si e se ne vuole un po. Insomma fortuna che ne avevo messi in abbondanza sta di fatto che ci ritroviamo in 4 a dover dividere quei spaghetti. Scolo gli spaghetti e li metto a saltare nella pentola..tutti che osservano, incomincio ad avere il terrore:” e se non so buoni?...che figura faccio?” Alla fine applauso. Abbiamo mangiato cercando di capirci, anzi gli altri tre cercavano di capirmi. Qualche persona dice che a Sydney durante il giorno si erano toccati i 40C° pensa cosa sarebbe stato esserci, mi scioglievo. Mi hanno offerto da bere ed insieme ci siamo gustati un tramonto dalla terrazza che ha azzittito tutti. Cavoli per 15 minuti nessuno ha parlato, tutti in silenzio a guardare uno spettacolo incredibile, colori e suoni mai sentiti prima, ok era questo che mi aspettavo dal viaggio ed incomincio a godermelo. Si parla fino a tardi. Gli ostelli ho capito che sono un punto fondamentale per socializzare e per scambiarsi esperienze sul viaggio. Vado a letto veramente sereno, senza alcun pensiero nella testa, cosa che non mi succedeva da molto.