Sydney 20 gennaio 2006
Pensate alla scena. Dopo 3 giorni di pioggia finalmente sole. Sono sulla prua del traghetto che mi sta portando a Manly. Sole caldissimo in piena faccia, FOO FIGHTER in cuffia…effetto purga mentale, mi sento molto bene, era da tempo che speravo in certe sensazioni. MANLY è bellissima, quasi meglio di Bondy. Anche qui una marea di gente che corre, pattina e fa surf. Mi faccio una bella camminata lungo la pista pedonale, mi avvio verso Tree Bay, una baietta a sud di Manly. Mi inerpico su per un sentiero da dove si vede tutta la baia di e faccio alcune foto….mi giro e sul parapetto vedo a prendere il sole un serpentello di una metrata scarsa tutto verde che mi guarda e schifato se ne va. Io, preso dal virus del turista, cerco affannosamente la macchina fotografica, solo dopo realizzo che forse il serpentello tanto innocuo non era e che avevo rischiato grosso. Scendo dal sentiero con molta attenzione. Devo dire che è la prima volta che saggio il sole australiano. Dall’Italia mi sono portato una crema protettiva fattore 18, a casa non mi fa abbronzare e qui pensavo che un minimo di protezione me l’avrebbe data….mai pensiero fu così sbagliato, la sera, per aver camminato 2 ore sotto al sole, ero rosso come …da noi si dice “cella de cà” (rosso come l’organo riproduttivo di un quadrupede che abbaia). Cmq , a Manly mi fermo sui gradoni che costeggiano la spiaggia a guardare i surfisti e le persone che fanno surf con il corpo. E’ bellissimo guardarli, riescono ad usare il corpo con se fosse una tavola da surf e fanno parecchi metri cavalcando le onde. Ho fame, mi sparo del pesce e patatine fritte e mi faccio un giro per il quartiere. Tutti surfisti, dalle case non vedi altro che tavole da surf, teli da bagno e mute tutto ad asciugarsi al sole. Sul lungomare c’è chi affitta bici, tavole da surf, pattini in linea o cmq tutto quello che puo servire per divertirsi in un posto come quello. Fatto pranzo mi riavvio verso Sydney. A Circolar Quay incontro una coppia di ragazzi di Pescara, marito e moglie, erano 4 giorni che non parlavo in italiano con qualche persona dal vivo. Andiamo a Watson’s Bay e devo dire che Oztupac-Paoletto aveva ragione, è molto carina e tranquilla. Anche qui assaggiamo il pesce e le patatine fritte del chioschetto vicino al pontile dove attracca il traghetto (anche questo consigliato da Oztupac). Passiamo un po di tempo a fare foto ed a chiacchierare. Si fa sera e ci avviamo verso Sydney, l’indomani parto per le Blue Mountain e sinceramente non vedo l’ora di lasciare il Globe. La sera dopo aver cenato in uno squallidissimo Mc Donalds provo per la prima volta la birra al ginger. Oddio schifo non fa ma non ci riesco a berla. Torno in camera e trovo una sorpresa: dei nuovi ospiti. Una famiglia di tedeschi, lui lei ed un bambino di tre anni. Viaggiano in bici, e che bici. Sono tutti pezzi di varie biciclette assemblate tra loro. Posso dirlo perché hanno portato in camera le bici per paura che le rubassero. Si pagano il viaggio vendendo le foto che fanno lungo il tragitto ad alcune riviste specializzate, in più lavorano saltuariamente nelle farm. Il bambino è fenomenale, si adatta alla vita degli ostelli con una facilità incredibile. La moglie è quella che organizza, il marito gestisce. Riesco a parlare nel mio inglese con loro. Penso che non è semplice scegliere una vita come quella, soprattutto con un figlio piccolo, non so se sono egoisti o coraggiosi ma da un certo punto di vista li ammiro, godono di quello che gli piace fare. Mi metto a letto spero di svegliarmi presto per partire verso la nuova meta.
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