Airlie Beach 4 febbraio 2006

Ripenso ancora al viaggio in autobus. Pensavo dovesse essere la cosa più noiosa di questo mondo ed invece è stato un momento che non dimenticherò mai, intimo, forte, con delle sensazioni uniche. Ad Airlie non c’è una vera e propria spiaggia, sembra fangosa, tipico litorale di mangrovie. Il lungomare è bellissimo e ben curato. La gente fa il bagno in una piscina enorme a pagamento. E’ una cittadina che si sviluppa tutta sulla via principale dove sono presenti ostelli, pub, le solite catene di fast food e le numerose agenzie che organizzano viaggi per le mitiche Whitsunday Islands. Me ne hanno parlato molto bene di questo arcipelago e dalle foto che ho visto scattate da Giò mi aspetto moltissimo a livello paesaggistico. L’ostello è quello della YHA ed è vicino alla fermata degli autobus. Faccio il check in ma la camera non me la danno prima delle 11.30. Vado in giro a cercare qualche cosa per il collo. L’eritema è esploso in tutto il suo splendore ed ho una pelle che sembra carta vetrata grana 80…quella bella grossa. Trovo da solo un prodotto e lo compro. Torno all’ostello e mi danno la camera. Come entro mi vado subito a mettere il prodotto sul collo ed ottengo un effetto lenitivo non indifferente. Non mi hanno messo le lenzuola sul letto…aspetto. In camera conosco un ragazzo austriaco, mi pare si chiami Jorghen. Facciamo due chiacchiere. Nell’attesa delle lenzuola esco per andare a sbrigare due cosette all’agenzia di viaggi che gestisce la barca con la quale farò il giro nell’arcipelago delle Whit. La cosa mi spaventa perché è la prima volta che affronto un dialogo in inglese ma mi tranquillizzo, al limite me lo faccio scrivere quello che devo fare. Quando sono in agenzia….miracolo, capisco tutto e soprattutto riesco a farmi capire. Mi chiedono se so nuotare, che gusti alimentari ho, se sono allergico a qualche cosa, chi devono avvisare nel caso in cui mi succedesse qualche cosa e poi mi chiedono la taglia per la tutina che mi dovrebbe proteggere dalle stingler, meduse e squali. Ora, vedendo la tutina, numero 76, pur non sapendo la potenza del pungiglione delle stingler, capisco che avendo la faccia, mani e piedi scoperte le meduse cmq possono toccarmi ma soprattutto come fa una tuta del genere a proteggermi da uno squalo?...mi usa come cewing gum!!! Vabè prendo la mia tutina e torno in ostello. Ci sono le lenzuola…mi addormento subito. MI alzo per le 16, voglio chiamare casa e mandare un po di mail. Vicino all’ostello della YHA c’è un internet caffè molto fornito a livello di pc ed è veramente economico. La ragazza al bancone è molto simpatica, capisce subito che sono italiano e vuole fare due chiacchiere….ci mancherebbe. Mando foto ed e-mail . Il collo mi da un fastidio cane mi brucia da morire. Torno in ostello e vado a preparare da mangiare. La cucina è la migliore che abbia incontrato dal punto di vista strategico. Aria condizionata sia dove si mangia sia dove si cucina, faccio tutto senza sprecare una stilla di sudore, ben attrezzata e pulita, veramente una bella cucina. Vedo il mio compagno di camera cucinarsi una scatoletta al microonde, sembrerebbero lasagne. Gli chiedo se vuole due spaghetti, accetta volentieri. Ci sediamo e si mangia. Apprezzo molto il suo parlare piano e cercare di capire il mio inglese. Si parla di donne, america, bere, austria, calcio, insomma di tutto. Si aggregano anche delle ragazze che avevano guardato cucinarmi e come al solito avevo investito con le mie solite lezioni di cucina. Si fa tardi, domani si parte per le 13.30 e sento ancora la stanchezza del viaggio della notte prima. Saluto tutti e vado a letto, il collo brucia da matti…mi preoccupa come mi preoccupa lo stato del mare, speriamo che sia calmo altrimenti sarà n’agonia.

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